Il dispositivo, impiegato da due settimane nell’UTI diretta dalla dr.ssa Raffaella Pavani, serve a ridurre stress e ansia con benefici sul processo di guarigione dei pazienti

Un dispositivo per indurre l’ipnosi medicale nei pazienti della Terapia Intensiva in modo da allontanare ansia e dolore. È quella che l’equipe della dottoressa Raffaella Pavani sta utilizzando da un paio di settimane nell’Unità di Terapia Intensiva (UTI) dell’Ospedale San Donato di Arezzo da lei diretta. Il dispositivo è dotato di un visore da indossare che riproduce una decina di realtà virtuali e da un paio di cuffie in cui ascoltare una voce registrata che aiuta la persona a rilassarsi e distogliere così l’attenzione da ansia e dolore. Il dispositivo rimarrà in sperimentazione nel Reparto per due mesi.

«I pazienti delle unità di terapia intensiva sono spesso agitati, confusi e a disagio fino a diventare anche deliranti: si parla infatti di delirium da terapia intensiva – spiega il dr. Roberto Bindi, Infermiere Coordinatore del reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale di Arezzo -. Questi sintomi sono fastidiosi per il paziente e spesso interferiscono con l'assistenza e la sicurezza. Nel peggiore dei casi possono essere potenzialmente letali. In un paziente in condizioni critiche, agitazione, confusione o entrambe possono derivare dalla condizione clinica sottostante, da complicanze mediche, dal trattamento o dall'ambiente di rianimazione».

«Alcune cause di agitazione o confusione in pazienti in terapia intensiva  - spiega la dr.ssa Raffaella Pavani, Direttrice UTI San Donato Arezzo - possono essere derivanti dalla malattia di base (Trauma cranico, Shock, Ingestione di tossine), da dolore e disagio (causati da lesioni, presenza di dispositivi quali intubazione endotracheale, linee infusionali, sondino nasogastrico), dalle complicanze (Ipossia, Ipotensione, Sepsi, Insufficienza d'organo), dai farmaci quali sedativi e altri farmaci attivi sul sistema nervoso centrale, in particolare oppiacei, benzodiazepine, anti-H2, e antistaminici, dall’astinenza da alcol, droghe o entrambi. Agitazione e confusione causati  anche all’ambiente dell'unità di terapia intensiva, alla privazione del sonno causata dai rumori, luci, o interventi medici round-the-clock tipici dell’UTI, dalla paura di morte, dall’ansia generata da spiacevoli procedure mediche e “rituali di cura”. La permanenza in un’unità di terapia intensiva è una tra le situazioni più stressanti dal punto di vista psicologico. Numerose ricerche infatti confermano elevati tassi di depressione, disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e altri disturbi psicologici tra i pazienti che hanno trascorso diverso tempo in rianimazione».

«Secondo alcuni – aggiunge Roberto Bindi - vi è una relazione diretta tra il ricovero in terapia intensiva ed il successivo sviluppo di un disturbo psicologico, mentre altri evidenziano la complessa interazione tra il trauma di una malattia o di una lesione molto grave e gli interventi salvavita spesso somministrati in terapia intensiva. Tuttavia, la conclusione che la terapia intensiva sia un fattore causale indipendente negli esiti psicologici correlati al trauma al momento non ancora è stata dimostrata».

«Dei circa 1000 assistiti all’anno – prosegue Raffaella Pavani - circa il 33,2% è rappresentato da persone non estremamente critiche e quindi non addormentate ma sveglie e, spesso, neurologicamente competenti. Le loro condizioni, se pur gravi, determinano un fattore di rischio per lo sviluppo di sentimenti negativi quali ansia, paura e stress, nonché lo sviluppo di sindrome post traumatica da stress. Per questi motivi abbiamo deciso di sperimentare l’ipnosi medicale utilizzando la realtà virtuale».

Il dispositivo impiegato al San Donato è in grado di ridurre il dolore e lo stress dei pazienti grazie all'ipnosi medica aiutandoli ad affrontare procedure mediche o chirurgiche che potrebbero essere stressanti o dolorose, e ad affrontare momenti ansiogeni e stressanti durante le terapie e la permanenza nel reparto.

«Un dispositivo destinato ad abbattere costi e “danni collaterali” dei metodi tradizionali di anestesia a cui vengono sottoposti i pazienti – conclude Roberto Bindi – e che immerge il paziente in un ambiente sonoro e visivo ipnotico: musiche, testi, immagini e voci si alternano e si sovrappongono per portare la persona nello stato di ipnosi desiderato, in funzione del tipo di intervento che deve essere eseguito. In questo modo l’attenzione del paziente si focalizza sulle immagini e sui suoni che gli permettono di trovarsi progressivamente in uno stato modificato di coscienza, in cui la percezione del dolore tende a scomparire e l’animo a concentrarsi sulla pronta guarigione».